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UNITA’ PASTORALE PEDEMONTANA NORD

PARROCCHIA DI SARMEDE

borgoval10 GIANNI DESTI B 12 x

dove siamo:

Piazza Roma, 17,

31026

SARMEDE

(TV)

tel. 0438 582143

 

Nel libro “Il Paese delle Fiabe”, edito nel 1994, per parlare della comunità di Sarmede così è scritto: “ Storia di Rugolo e Sarmede”.

Infatti non si può oggi parlare di Sarmede se non si fa riferimento ai primi insediamenti rivenuti (vedi gli scavi effettuati dal Gruppo Archeologico del Cenedese) vicino alle cime del Castelir dove sorge la fertilissima piana del “Posoc” e “Posocuol”, che con le sue “lame” dava la possibilità di coltivazioni agricole e di allevamento del bestiame. Le abitazioni di questi primi uomini erano raccolte sulla cima e protette tutto all’intorno da una muraglia a secco. I secoli passano e i nostri avi, che si sentono più sicuri scendono ad abitare e coltivare i pianori sottostanti. E’ una popolazione assai pacifica – infatti coltivano poco l’arte militare – a favore dell’agricoltura e l’allevamento dei bestiame; l’unione, poi della terra Veneta alla Repubblica romana e la successiva partecipazione all’Impero agevola l’occupazione e la coltivazione della pianura sottostante favorita anche da un capillare commercio seguito dalla costruzione delle veloci vie romane.

Di questo periodo è rimasto ben poco. Nel secolo XIX° fu trovato tra Sarmede e Cappella, un cippo con iscrizioni romane di un tale “Poblicius Germanicus” (ora si trova al Museo comunale di Treviso). Una trentina d’anni fa fu rinvenuta in località Palù una tomba, i cui resti si trovano al Museo del Cenedese. L’unico manufatto rimasto in loco forse, è il campanile della chiesa parrocchiale di Rugolo, che secondo Carlo Busiol, si tratterebbe di una di quelle “vigilie”, cioè delle torri di guardia romane, che sono disseminate sulle colline limitrofe.

Con l’affievolirsi della potenza dell’Impero Romano e la conseguente calata dei Barbari le popolazioni della pianura più vicine alle Prealpi cercano scampo sulle colline dando origine o incrementando quelle comunità pedemontane che sussistono ancora: Rugolo, Montanara, Vusigo, Luca, ecc. Qui si continuò l’allevamento degli animali e la coltivazione della vite.

I Longobardi arrivati in Italia nel VI secolo d.c.(568), condotti da Alboino, seppero integrarsi in breve tempo con la popolazione locale. Fu così, per loro, facile sovrapporre le vecchie “vigiliae” romane con i loro castelli, ma per gran parte di questi resta il ricordo solo nelle pagine degli storici, perché distrutti nelle lotte tra feudatari locali e, soprattutto nelle feroci guerre dei Caminesi.

Del castello di Rugolo restano tracce nella casa canonica, dove i muri interni ed esterni, per il loro spessore, hanno tutta l’aria di essere quelli di un antico maniero; rimangono dei conci di sostegno, del breve tratto scoperto, nel retro della canonica. L’esistenza di un insediamento dell’epoca longobarda a Rugolo è testimoniato anche dalla dedicazione della chiesa: è opinione condivisa dagli storici locali che il culto di San Giorgio si è diffuso nel periodo longobardo soprattutto dov’era un castello.

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Nel periodo della dominazione longobarda ci fu una certa tranquillità e sicurezza, che aumentò quando i Longobardi abbandonarono la religione ariana per abbracciare il cattolicesimo. Ma quando il potere imperiale passò ai Franchi e ai Germani, le nostre popolazioni si sentirono meno sicure; perché, dalla lontananza dei governanti, approfittarono gli Ungari che invasero ripetutamente le nostre pianure nei secoli IX e X saccheggiando, distruggendo, incendiando e impaurendo la popolazione. Naturalmente, a causa di tutti questi avvenimenti, presero ad avere maggiore importanza i luoghi difesi da castelli; anzi per rendere più sicure le borgate sorte attorno ad essi, si provvide a circondarle di mura. E fu, forse, in occasione delle invasioni degli Ungari e della costruzione delle mura, che il Pievano, non sentendosi troppo sicuro nel celebrare in pianura (chiesa pieve dei SS Canzio, Canciano e Canzianilla (nel luogo ancora denominato “prà de San Canzian”?) si ritirò entro le mura del castello e prese ad officiare stabilmente nella cappella del castello dedicata a San Giorgio che divenne quindi sede.

La chiesa di Rugolo, come detto è dedicata al martire San Giorgio. Il culto di questo martire, di origine orientale, fu diffuso in occidente dai Longobardi ed è probabile che il primo edificio di culto, in suo onore, sia sorto qui nei secoli VI-VIII, epoca della loro dominazione nei nostri paesi.

Nel corso del secolo XIV in occasione delle guerre tra il Patriarca e i Caminesi, ed il terremoto del 1348 la chiesa potrebbe aver subito gravi danni e quindi ricostruita. Nei secoli XIV e XV tutto l’edificio subì un restauro radicale, ma le strutture precedenti non furono demolite. Un ulteriore restauro avvenne nell’anno 1655 che modifica il modulo architettonico della facciata. Poi sa passò alla decorazione interna con gli affreschi dei quali ci rimangono le opere di Andrea da Treviso.

C’è anche la Chiesa di San Pancrazio in Palù, che il pievano chiede di poter “adattare” per potervi celebrare la Messa per gli abitanti della borgata.

Le condizioni socio economiche, nella comunità Rugolo – Sarmede cambiano nel secolo XVII°. La popolazione, scendendo ad abitare in pianura, formò quegli agglomerati urbani, che in parte ancora esistono, con le case attorno ad un unico cortile, caratteristica dei paesi della pedemontana. Di là partivano per la campagna o per salire sui monti a pascolare il bestiame. La terra per la maggior parte, era posseduta dalle famglie nobili di Cordignano o Serravalle; c’erano anche appezzamenti di istituzioni ecclesiastiche e la piccola proprietà contadina. “Fra il 1669 e il 1704, vennero venduti in tutto il territorio del feudo ben 225 campi di proprietà comune dei villaggi, di cui 160 appartenevano alle regole di Sarmede e Rugolo”. Con ogni probabilità, gli acquirenti furono gli abitanti del nostro paese. Le condizioni dell’agricoltura, allora erano assai precarie; e anche a causa delle ricorrenti carestie, si ebbero gravi conseguenze nella salute.

Nel secolo XVIII° la comunità Rugolo – Sarmede si amplia ulteriormente. Nella visita Pastorale effettuata il 29 luglio 1749, dal Patriarca Daniele Dolfin, troviamo nella relazione che vi sono “597 adulti e 179 Fanciulli incapaci di comprendere – in tutto 776…”.

La contea di Cordignano, comprendeva le ville di San Cassiano, Piné, Saccon, Ponte, Roncada, Villa di Villa, Silvella riunite nella Parrocchia di S. Cassiano del Meschio; la villa di Montaner nella parrocchia di S. Cecilia; le ville di Sarmede e Rugolo nella Parrocchia di SS. Giorgio e Canziano; la villa di S.Stefano di Pinidello nella parrocchia medesima.

Come già detto più volte la popolazione si era trasferita sempre più numerosa, dalle “rive” al “piano” tanto che all’inizio del secolo erano rimaste 241 anime a Rugolo e 613 a Sarmede. Dal lato civile, il 28 settembre 1810, nel riordino dei Comuni del “Dipartimento del Tagliamento” per decreto del Viceré d’Italia Eugenio Napoleone, i paesi di Rugolo- Sarmede con abitanti 954, e Montaner, con abitanti 648, vennero unificati nell’unico comune di Sarmede entrando a far parte della Provincia di Treviso, situazione che permane tutt’ora.

L’integrazione tra Rugolo e Sarmede non avvenne mai del tutto. Infatti gli abitanti dell’antica parrocchia non persero mai la speranza di riappropriarsi di un parroco stabile. Nel corso degli anni si rivolsero molte volte alle autorità religiose di Ceneda e l’azione andò a buon fine bel 1927 con il ripristino della Parrocchia autonoma di Rugolo.

 

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